• Gian Piero Quaglino | Il metodo dell’Autobiografia per la formazione di sé | Vistaterra Country Resort – Castello di Parella | Giovedì 25 giugno, ore 09:30-22:00, e venerdì 26 giugno 2020, ore 08:30-17:30
    Un seminario di due giorni, introduttivo al tema dell’Autobiografia come metodo di autoformazione, con il duplice obiettivo, da un lato, di chiarire i termini della questione della “scrittura di sé” (gli elementi fondanti in gioco: io, memoria, vita…) e, dall’altro, di sperimentare alcuni dei differenti modi che possono stimolare l’apprendere di sé e da sé.
    Zandomeneghi Autobiografia-cutL’Autobiografia è un genere letterario che vanta una lunga storia e non pochi nomi illustri. Da un certo punto di vista, si potrebbe anche sostenere che in fondo tutti i grandi romanzi, per quanto appaiano fiction ovvero storie di invenzione, contengano in realtà elementi autobiografici nascosti più o meno in profondità. Il tratto distintivo di ogni Autobiografia si riassume nell’essere una “narrazione di sé” in prima persona, un racconto sul filo della memoria di chi scrive, una cronistoria di eventi che hanno costellato il corso della vita e di vissuti che ne intrecciano la trama. C’è un io che parla, si descrive e si racconta: c’è un io che narra di sé. In quanto esercizio di “scrittura di sé”, l’Autobiografia può tuttavia essere considerata anche come un mezzo (una modalità o un progetto) di ricerca personale, come una via privilegiata per ogni pratica di conoscenza di sé: di rivisitazione del proprio mondo interiore, di ripensamento di vicende e vicissitudini, di riscoperta di pensieri e sentimenti. In altre parole, ogni esercizio autobiografico può essere considerato anche come un percorso di “autoformazione” che, soprattutto attraverso la riflessione su di sé, costituisca occasione di apprendimento o riapprendimento di chi si è stati, di chi si è diventati: un apprendimento “di sé” e “da sé”, capace di ampliare lo sguardo sui molti volti (e risvolti) di quell’Io che è al centro del racconto. Ma a quali condizioni l’Autobiografia può farsi Autoformazione? Per rispondere a questo interrogativo si tratta di avere ben chiaro in primo luogo il “chi” dell’io narrante, e oltre a ciò la natura, i caratteri e i confini di quella memoria da cui si attinge, nonché i criteri di verità e autenticità a cui ogni scrittura autobiografica pretende di uniformarsi. In secondo luogo, si tratta di avere una qualche padronanza dei molteplici modi in cui una narrazione autobiografica potrebbe essere costruita, delle molteplici forme in cui è possibile procedere al di là di ogni abilità di scrittura. Più che di una capacità “letteraria”, la pratica della narrazione autobiografica richiede infatti capacità di “riflessione su di sé”. Da questo punto di vista, ogni modalità di scrittura può rivelarsi utile per un percorso di ricerca, scoperta e conoscenza di sé: non solo nella forma della rivisitazione puntuale e dettagliata come “opera della memoria” dell’io, ma anche nella forma dell’immaginazione o dell’invenzione, nei modi cioè di una fiction pensata come autobiografia di qualcun’altro.
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  • Gian Piero Quaglino | L’arcana lingua del sogno | Polo Formativo Universitario “Officina H Olivetti”, Ivrea | Domenica 27 settembre 2020, ore 09:30-17:30
    La lingua del sogno la conosciamo: è bizzarra, fantasiosa, stravagante fino all’inverosimile, fino all’assurdo. E sempre indecifrabile, enigmatica e misteriosa. Eppure ci appartiene dal profondo, è la nostra lingua notturna, parla di noi. Un seminario di una giornata per riprendere confidenza e familiarità con il sogno, per esercitarci a comprenderne i messaggi, gli insegnamenti e le promesse.
    IPAP-sognoBizzarro, stravagante, eccentrico e paradossale. È in queste tonalità che il sogno, come tutti sappiamo, si esprime. La lingua del sogno non solo è inconsueta e inusuale: non solo non appartiene all’“ordinario”. La lingua del sogno è fantasiosa sino all’inverosimile, immaginifica fino all’assurdo. La lingua del sogno, soprattutto, è unica e irripetibile. Eppure appartiene a tutti e a ciascuno: è collettiva e singolare nello stesso tempo. E la questione che per ogni sogno si ripropone è sempre la stessa: un rompicapo, un enigma, un mistero. Per decifrare questo rebus che il sogno è si sono seguite, nel corso della storia, infinite piste, dalla oniromanzia antica fino alle moderne teorie psicologiche. Nessuna di queste chiavi, abbiamo il sospetto, è tuttavia capace di rivelare, di svelare, la trama nascosta del sogno. Perché non rinunciare ad ogni chiave di lettura teorica e affidarci, allora, a quella formula semplice che anche Carl Gustav Jung condivideva: “il sogno è la sua stessa interpretazione”? D’altra parte, il sogno è rimasto nel nostro mondo contemporaneo l’unico luogo nel quale si possa dire di essere perfettamente irraggiungibili: di poter mettere alla prova sé stessi fino in fondo. Apprendere qualcosa della lingua del sogno potrebbe rivelarsi, dunque, la sola via di accesso, o anche solo di avvicinamento, alla propria verità.
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  • Gian Piero Quaglino | Ombra su ombra | Polo Formativo Universitario “Officina H Olivetti”, Ivrea | Domenica 25 ottobre, ore 09:30-17:30
    Viviamo tra luci e ombre. A ben vedere, più ombre che luci. Da quelle delle profondità dell’universo a quelle delle oscurità del nostro mondo interiore. Come è stato detto, “abbiamo un corpo il quale, come ogni corpo, getta inevitabilmente un’ombra”. Dall’ombra non possiamo dunque prescindere. Resta il fatto che l’esperienza dell’ombra, da sempre, porta con sé inquietudine e turbamento.
    Ombra Rimmer Fuga e inseguimento 1872-cutDell’ombra ci ha parlato il mito per primo. Poi la fiaba, il romanzo, il teatro, la poesia. E infine il cinema. L’ombra non ci rassicura mai. Temiamo tutto ciò che può nascondere. Sappiamo sin troppo bene che mettere la nostra vita al riparo dall’ombra non è che una delle tante illusioni perdute. Anche perché l’ombra è multiforme, non solo difficilmente afferrabile. Ha mille volti differenti e mille diverse sfumature. Così, ogni volta in cui assistiamo al “calare delle ombre” fuori di noi o dentro di noi, sappiamo altrettanto bene che non sarà possibile sottrarsi o resistere più che tanto. Che quello che ci tocca è attraversare l’ombra, incamminarci lungo quel sentiero obbligato passo dopo passo. Ogni volta una prova, in qualche modo un esame, forse anche un destino. Comunque un compito dall’esito incerto, mai scontato. Per il quale tuttavia, anche questo sappiamo, si può essere più o meno preparati. Proviamo allora a inoltrarci nel mondo dell’ombra, anzi delle ombre. Proviamo a esplorare il “lato oscuro”, a fare luce. Chiediamoci: è proprio vero che l’ombra è sempre contro di noi o potrebbe esserci meno nemica di quanto immaginiamo e crediamo? È possibile fare “buon uso” dell’ombra? Cerchiamo risposte a queste domande perché, come è stato anche detto, “nulla si guadagna a perdere di vista la propria ombra”.
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  • Gian Piero Quaglino | Il talento dell’empatia | Polo Formativo Universitario “Officina H Olivetti”, Ivrea | Domenica 8 novembre, ore 09:30-17:30
    L’empatia non è solo quel sentimento di vicinanza e compassione che possiamo provare per le sofferenze degli altri. L’empatia è ben altro: è la capacità di immedesimarsi nelle vite degli altri, di saperle ascoltare, di saperle rispecchiare e, così, di aiutarne la comprensione. Una giornata di studio sull’empatia come capacità decisiva per ogni relazione di aiuto e di cura.
    IPAP-EmpatiaQualcuno dice che di empatia si parla fin troppo di questi tempi. Potrà anche essere vero. Ma chiunque vive di relazioni (cioè praticamente tutti) sa che di empatia non ce ne è mai abbastanza. E sa, soprattutto, quanto sia difficile offrirla e riceverla. Parliamo dunque di empatia come di un dono prezioso, ma soprattutto come di una dote particolare che ci avvicina alle “vite degli altri”. Cerchiamo tuttavia di intenderla nel modo giusto, perché effettivamente se non è vero che di empatia si parla troppo, non è altrettanto vero che se ne parli sempre nel modo appropriato. Al di là del pur apprezzabile risvolto “compassionevole” che esprime vicinanza e partecipazione nei confronti degli altri, l’empatia va anzitutto intesa come quella speciale capacità di immedesimarsi e di rispecchiarsi nelle vite degli altri, e al tempo stesso di restituire agli altri nuove prospettive di immedesimazione e rispecchiamento per sé. Prima che non un pensiero, dunque, l’empatia è un sentimento che occorre coltivare in tutti i suoi molteplici risvolti. Un sentimento di cui si può essere più o meno capaci, un saper “sentire” di cui si può essere più o meno dotati. È evidente che l’empatia è dunque, potremmo dire, una competenza indispensabile e uno strumento decisivo per tutte quelle professioni che pongono al centro il tema della relazione: della relazione di ascolto, di aiuto e di cura.
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  • Gian Piero Quaglino | I Ching: il libro della versatilità. Una introduzione | Polo Formativo Universitario “Officina H Olivetti”, Ivrea | Domenica 29 novembre, ore 09:30-17:30
    Una giornata di studio dedicata all’I Ching: il “libro dei mutamenti” o della “versatilità”. Una introduzione ai simboli e alle immagini contenute nei 64 esagrammi, che compongono il più antico testo oracolare a noi pervenuto attraverso i millenni. Un avvicinamento alla pratica di consultazione e di interpretazione dei suoi responsi.
    IPAP-IChingLe origini dei testi che costituiscono l’I Ching sono legate a pratiche divinatorie sciamaniche di remota antichità. È solo intorno al 1000 a.C. che interviene la scrittura a organizzare i testi oracolari in un sistema ordinato di linee: gli esagrammi. Da quel momento, l’I Ching diviene quell’opera di sapienza e saggezza che noi oggi conosciamo come Il libro della versatilità. È anzitutto di questo che l’I Ching parla: del movimento e del mutamento, del divenire e del cambiare. E tutto questo è riassunto nelle sessantaquattro figure che, con possibili infinite variazioni, costituiscono altrettanti “suggerimenti” offerti a chi si disponga a interrogare l’oracolo. L’importanza e la preziosità del testo dell’I Ching è, per noi occidentali, scoperta recente. Non più di un secolo fa, la prima traduzione in tedesco del 1923 affascinò Carl Gustav Jung, che scrisse nel 1949 la prefazione alla prima edizione inglese. Come possiamo avvicinarci al testo? In che modo possiamo consultare l’oracolo? Interrogare l’I Ching è sicuramente un esercizio di interpretazione unico nel suo genere, capace di orientare il nostro sguardo alle immagini interiori che ci abitano e di arricchire la visione dei paesaggi che queste immagini compongono e ricompongono delle nostre più profonde trasformazioni.