Attività didattica: Laboratorio di dinamiche di gruppo
Tipologia: cod. MIUR F.4: Supervisione individuale o in piccolo gruppo delle psicoterapie effettuate dalle Allieve e dagli Allievi – Role-playing di sedute terapeutiche]
Ore: 50 / anno
Anno: I-II-III-IV
Docenti: Giulio Gasca, Maurizio Gasseau, Claudio Giacobbe, Laura Marino, Leandra Perrotta
Responsabile di Area: Maurizio Gasseau [maurizio.gasseau@ipap-jung.eu]
Programma dell’insegnamento

Carl Gustav Jung non fu inizialmente favorevole alla psicoterapia di gruppo, in quanto temeva che, in linea con le riflessioni di Gustave Le Bon (Psicologia delle folle, 1985), l’identificazione con un gruppo potesse allontanare dal percorso individuativo ed esporre l’analizzato alla suggestione del Gruppengeist caratteristica della psicologia delle masse, diminuendo quindi il senso critico dell’individuo e favorendone la regressione psichica al livello della participation mystique primitiva (cfr. C.G. Jung, Sul rinascere, 1940/1950, pp. 122-125). Nel 1955 Jung però rimodulò questa opinione, parlando dell’analisi di gruppo (Gruppenanalyse) come necessaria all’educazione dell’essere umano sociale, non sostitutiva ma complementare all’analisi individuale (Individualanalyse) (cfr. C.G. Jung, tre lettere a H. Illing del gennaio-febbraio 1955, tr. in. in: “Rivista di Psicologia Analitica” (“Tecnica”), Vol. 1, N. 2, 1970, pp. 388-394). Il fondatore della Psicologia Analitica, nel corso degli anni, influenzò profondamente il lavoro con i gruppi. Quando era ancora membro della Società Psicoanalitica Internazionale, ebbe infatti in analisi uno dei pionieri della terapia di gruppo, ovvero lo psicoanalista statunitense Trigant Burrow (1875-1950). Già nel 1925 Burrow riteneva che il conflitto nevrotico avesse una origine sociale, sviluppandosi in campi relazionali gruppali come la famiglia originaria. Sosteneva inoltre che il gruppo costituisse l’alveo ideale e la più efficace modalità di trattamento dei disturbi psichici. Scrivendo che “il sogno è un teatro in cui chi sogna è scena, attore, suggeritore, regista, autore, pubblico e critico insieme”, Jung stesso concepiva l’inconscio come un insieme di relazioni tra personaggi e ruoli del mondo interiore. Immaginava inoltre l’inconscio collettivo – un costrutto così centrale per il lavoro clinico con i gruppi – come un insieme di “vasi comunicanti” che uniscono i singoli individui e in cui scorrono informazioni, segreti e rappresentazioni immaginifiche a livello inconsapevole. L’ipotesi junghiana dell’inconscio collettivo, inteso come “condizione o fondamento della psiche stessa, esistente universalmente e dappertutto identica”, influenzò profondamente anche il pensiero di Siegmund Heinrich Foulkes (1898-1976), il fondatore della gruppoanalisi, il quale riconobbe come la sua concezione di “matrice di base” o “matrice di fondazione” fosse stata ispirata proprio dal pensiero e dagli studi di Jung. Quest’ultimo, in effetti, aveva parlato dell’inconscio nei termini di una “matrice di quelle cose di cui la coscienza vorrebbe liberarsi. [Ma] l’inconscio crea anche contenuti nuovi. Tutto ciò che lo spirito umano creò è provenuto da contenuti che, in ultima analisi, erano germi inconsci”. Per Foulkes, in particolare, la “matrice di base” è ciò che si è sedimentato nella psiche lungo le generazioni, la gruppalità degli antenati che agiscono tuttora in noi come ruoli interni. Un ulteriore modello di lavoro di gruppo ispirato dal pensiero di Jung, sviluppatosi negli anni ’80, è il Social Dreaming di W. Gordon Lawrence, un metodo di formazione che nasce, e rimane fortemente radicato, nella tradizione di studi del Tavistock Institute of Human Relations sulle realtà lavorative, sulle organizzazioni e sulle istituzioni. Il Social Dreaming ha luogo in un modulo di lavoro, inserito nell’ambito di un progetto di formazione o di consulenza organizzativa, chiamato anch’esso “matrice”. Il compito primario del Social Dreaming è “la scoperta dei significati sociali dei sogni disponibili nella matrice” o, più specificamente, “la trasformazione del pensiero attraverso l’esplorazione dei sogni, grazie ai metodi della libera associazione, dell’amplificazione e dell’uso del pensiero sistemico per creare collegamenti e trovare connessioni, così da pensare nuovi pensieri”. Nel teorizzare il suo modello, Lawrence era rimasto colpito dall’esperienza di Jung di avere visioni di avvenimenti politici che avrebbero sconvolto l’Europa da lì a breve, documentate nel Libro rosso e successivamente raccontate in Ricordi, sogni, riflessioni (1961). Lawrence era inoltre a conoscenza del significato che i sogni avevano avuto per millenni nella vita sociale e culturale dell’umanità, grazie alla lettura dei lavori di (tra gli altri) Laurens van der Post (1906-1996), un antropologo vicino all’opera di Jung. Tra gli sviluppi della Psicologia Analitica in ambito di gruppo vi è lo psicodramma analitico di matrice junghiana o, più semplicemente, psicodramma junghiano, nel quale viene coniugato lo psicodramma classico di Jacob Levi Moreno (1889-1974) con le teorie di Jung. Nello psicodramma junghiano, sviluppato inizialmente in modo indipendente in Svizzera – per opera di Helmut Barz (1932-2007) e Ellynor Barz (1931-2013) – e in Italia – con Giulio Gasca e Maurizio Gasseau –, gli analisti utilizzano le drammatizzazioni anche per l’approfondimento del materiale clinico dei pazienti portato dai terapeuti in formazione, con una attenzione particolare alla serie di sogni presentati e drammatizzati e l’ausilio di tecniche di immaginazione attiva.

Obiettivi dell’apprendimento

Nelle Supervisioni di casi clinici in assetto di gruppo, gli Allievi sono accompagnati, da un lato, nella propria maturazione personale come psicoterapeuti e, dall’altro, nell’acquisizione di competenze teorico-applicative e cliniche relative al setting psicodrammatico analitico. Gli elementi di valutazione dell’apprendimento sono relativi, in particolare, alla capacità e alla maturità dell’Allievo nell’elaborare momenti e vissuti della propria esperienza formativa e clinica attraverso il setting psicodrammatico analitico e, gradualmente, all’acquisizione di un setting interno e di specifiche competenze teorico-applicative per il trattamento di casi clinici nell’ambito di gruppi di psicodramma analitico.

Bibliografia di riferimento
  • Gasseau, M., Gasca, G. (1991; 2003). Lo psicodramma junghiano. Torino: Bollati Boringhieri
  • Gasseau, M., Bernardini, R. (a cura di) (2009). Il sogno. Dalla psicologia analitica allo psicodramma junghiano. Milano: FrancoAngeli
  • Gasca, G. (a cura di) (2004). Psicodramma analitico. Punto d’incontro di metodologie psicoterapeutiche. Milano: FrancoAngeli
  • Gasca, G. (2012). Lo psicodramma gruppoanalitico. Milano: Raffaello Cortina
  • Gasseau, M., Scategni, W. (2007). “Jungian Psychodrama: From theoretical to creative Roots”. In C. Baim, J. Burmeister e M. Maciel (a cura di), Psychodrama – Advances in Theory and Practice. London/New York, NY: Routledge, pp. 261-70
  • Gasseau, M., Perrotta, L. (2013). “The Jungian approach: in situ supervision of psychodrama”. In H. Krall, J. Fuerst, P. Fontaine (a cura di), Supervision in Psychodrama. Experiential Learning in Psychotherapy and Training. Berlin/Heidelberg/New York, NY: Springer, pp. 37-56
  • Gasseau, M., Perrotta, L. (2017). “Theory and Techniques of Jungian Psychodrama”. In International Journal of Psychotherapy, 21(2), pp. 42-54