Corso: Nuove figure della psicopatologia e nuove prospettive della psicoterapia
Tipologia: cod. MIUR C.2: Insegnamento caratterizzante (attività didattiche di tipo clinico di indirizzo) lezioni teoriche con attività pratiche
Ore: 8
Anno: I-II-III-IV
Docenti: Angelo Malinconico [angelo.malinconico@ipap-jung.eu], Alberto Favole [alberto.favole@ipap-jung.eu]
Programma dell’insegnamento

Modulo I (Prof. A. Malinconico) – Il rapporto tra teoria e prassi rappresenta uno degli snodi centrali di ogni psicoterapia. Se infatti la prassi trova nella teoria la sua ispirazione, la teoria trova nella prassi la propria validazione. Ci si dovrebbe quindi attendere che gli studi su questi due ambiti di discorso procedano affiancati, ma, di fatto, ciò non accade frequentemente, con la conseguenza che la teoria rischia di disancorarsi dalla realtà, e la prassi di scadere a pura tecnica. Una particolare attenzione sarà riservata, in questa prospettiva, al rapporto tra psicoterapia analitica e il trattamento delle gravi psicopatologie. La riflessione sarà indirizzata, nello specifico, verso il “gruppo delle schizofrenie”, così come si espresse Eugen Bleuler quando coniò il termine che sostituì la “dementia praecox”. Saranno quindi affrontate le seguenti tematiche: Jung e il trattamento delle schizofrenie e la psicogenesi della schizofrenia secondo Jung; accenni a teorie e a prassi di altre scuole analitiche, di fatto enunciate e studiate da Jung fin dal 1907, e intersezioni tra junghismo e non-junghismo; proposte di ripensamento nella professione psicoterapeutica di orientamento junghiano nel trattamento delle psicosi; l’adattamento della psicoterapia – in termini di conoscenze, competenze e tecniche – ai nuovi quadri psicopatologici e alle nuove espressioni della sofferenza psichica.

Modulo II (Prof. A. Favole) – Una seconda parte del corso sarà dedicata al trattamento psicoterapeutico dell’alessitimia: termine che indica una serie di difficoltà cognitivo-affettive nell’identificare, discriminare, descrivere e comunicare i vissuti radicati nella sfera emotiva, distinguendoli dalla relativa e sottostante attivazione somatica. Altre caratteristiche ritenute tipiche sono: povertà dei processi immaginativi, rarefazione dell’attività onirica, stile cognitivo razionalizzante e orientato verso la realtà esterna, adattamento sociale di tipo conformistico, rapporti interpersonali connotati da limitata partecipazione, inclinazione ad agire impulsivamente o compulsivamente. Nel complesso, la mappatura delle principali manifestazioni del funzionamento alessitimico ha raggiunto, e poi mantenuto nel tempo, un largo consenso. Minore omogeneità, invece, si è definita in merito a origini ed eziologia, anche se alcune idee, connesse in particolare agli studi sull’attaccamento, tendono a prevalere in ambito di ricerca e sul piano teorico. Negli anni, inoltre, la storica visione categoriale dell’alessitimia – che in ottica di valutazione ne prevedeva la presenza o assenza tout court – ha progressivamente lasciato spazio a una concezione alternativa, dimensionale e transnosografica, che è interessata alla graduazione, ovvero a ciò che accade lungo il continuum esteso da soluzioni semplicemente adattative – si pensi a quanto l’anestesia emozionale può soccorrere in momenti particolarmente critici dell’esistenza – ad altre francamente patologiche (disturbi somatoformi, alimentari, legati alle sostanze, per citarne solo alcuni). Va aggiunto che il concetto di alessitimia, rispetto ad altri consimili, ha tendenzialmente mantenuto una identità più a-teorica e meno settoriale, tanto da poterlo intendere come ponte tra ambiti disciplinari differenti. In questa cornice, l’incontro sarà orientato a inquadrare alcune implicazioni legate al concetto di alessitimia in sede diagnostica e di intervento, con specifica attenzione per le ricadute sugli sviluppi della relazione terapeutica. Verrà anche proposta una rilettura dell’alessitimia attraverso i riferimenti della psicologia analitica, a partire dal modo in cui Jung parla delle dinamiche complessuali e della funzione connettiva esercitata dall’anima.

Modulo III (Prof. A. Favole) – Una terza parte del corso sarà dedicata alle forme contemporanee dell’isteria. La diagnosi di isteria non è più formalmente impiegata e di fatto, ormai da tempo, è stata espunta dalle edizioni dei manuali statistico-diagnostici. Tuttavia, nella pratica, per esempio in occasione di confronti tra colleghi, continua a essere citata piuttosto diffusamente. Sulla dimensione isterica, sin dalle origini, a partire da Janet e Freud, si sono articolati modelli interpretativi almeno in parte divergenti: gli uni più concentrati sulle difese dissociative e gli altri su quelle rimotive, gli uni più inclini a evidenziare meccanismi primitivi e gli altri meno, gli uni più focalizzati sulle fasi evolutive precoci e gli altri quasi unicamente interessati al transito edipico. Ciò detto, e forse oggi a maggior ragione, muoversi nel territorio dell’isteria significa spostarsi lungo un continuum, esteso dal polo che convenzionalmente definiremmo nevrotico fino a quello dei variegati casi limite. Tenuto conto, in particolare dal vertice junghiano, che l’opzione di inquadrare e differenziare non dovrebbe prevalere sul riconoscimento dell’unicità e dell’irripetibilità del soggetto. Parlare di isteria, inoltre, come ben testimoniato da tutta la tradizione delle psicologie del profondo, orienta costantemente a tenere in posizione centrale la complessità delle vicende co-transferali. E, come accaduto per numerosi autori, stimola la possibilità di far interagire mitologia e psicopatologia. Così, durante il seminario, saranno condivise alcune letture in chiave complessuale-archetipica (volgendo lo sguardo a figure mitiche come quella di Cassandra) e verranno esplorate possibilità di intervento ispirate alla clinica junghiana.

Modulo IV (Prof. A Favole) – Una quarta parte del corso sarà dedicata ad alcuni esiti psicopatologici riconducibili a forme problematiche di agentività. Sulla traccia dei crescenti spazi di dialogo tra prospettive psicoanalitiche, cognitive e neurobiologiche, in particolare con il sostegno di quegli studi che esplorano la rilevanza del corpo, dell’azione e dell’intenzionalità motoria nello sviluppo dell’identità, Jean Knox, nota autrice junghiana di scuola inglese, si interroga sulla traiettoria evolutiva del cosiddetto “sé agente” lungo quella linea che dalle esperienze precoci, caratterizzate in senso fisico, giunge fino alle complesse accezioni psicologiche in chiave autobiografica e autoriflessiva. Inoltre, nel suo Self-Agency in Psychotherapy: Attachment, Autonomy and Intimacy (2010), guarda alle dinamiche che possono avverarsi nel lavoro clinico con pazienti il cui sviluppo del sé agente sia stato, in varia misura, inibito, distorto o bloccato. È ben noto infatti quanto sia difficile, nel setting psicoterapeutico, lavorare con pazienti inclini a funzionare prevalentemente a livello action-based, quindi inclini a sentirsi vivi, capaci di impatto, solo quando in grado di raccogliere testimonianze concrete del controllo raggiunto sulle azioni-reazioni altrui. Con l’ausilio di questo vertice di lettura, si cercherà di esplorare il ruolo di fenomeni clinici e psicopatologici rinvenibili, prevalentemente, nell’ambito di alcuni disturbi di personalità.

Obiettivi dell’apprendimento

Modulo I (Prof. A. Malinconico) – L’insegnamento intende offrire, lungo i quattro anni di corso, una serie di occasioni di riflessione e approfondimento sulla connessione teoria-prassi nella psicoterapia analitica, con un particolare interesse per tre aspetti: (1) la progettazione di interventi terapeutici; (2) le applicazioni del lavoro psicoterapeutico in contesti istituzionali (SPDC, Ser.T.) e alla luce delle più recenti acquisizioni teorico-cliniche (EMDR, per esempio); (3) la valutazione degli interventi psicoterapeutici, in una prospettiva di ricerca empirica, alla quale si è anche aperta la clinica di orientamento junghiana. Un interesse specifico, in questo senso, riguarderà la connessione tra il lavoro psicoterapeutico e la ricerca empirica sui gruppi psicodinamici, nell’idea di offrire informazioni sui metodi e gli strumenti ad oggi più indicati per la selezione dei partecipanti, il monitoraggio dei processi e la valutazione degli outcome.

Moduli II-III-IV (Prof. A. Favole) – Obiettivo della seconda e della terza parte del corso sarà condividere alcune riflessioni sul tema dell’alessitimia, l’isteria nella contemporaneità, la self-agency e le rispettive linee di sviluppo patologico. La discussione sarà volta a promuovere la conoscenza di tali argomenti sotto i seguenti profili: storia dei concetti ed evoluzione delle rispettive attività di ricerca; inquadramento delle principali manifestazioni sul piano individuale e su quello interpersonale; impieghi diagnostici, con particolare attenzione per le opzioni dimensionali; ricadute interne al setting terapeutico e possibilità di intervento ispirate alla clinica junghiana.

Bibliografia di riferimento
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